Mesi, settimane, minuti o
secondi?... Quanto può durare emotivamente un’estate?..
Il tempo continuo convinta a
percepirlo come un’identità beffarda ma degno di stima. Non oggettivamente
condivisibile, non sempre per lo meno. Dolori interminabili e felicità della durata
di un fiammifero, il tempo muta con le nostre sensazioni. Un minuto può
sembrare infinito ed un’ora, sparire nel chiudersi delle palpebre.
Le
trasformazioni hanno bisogno di tempo, sempre. Ma basta un frangente per
voltarsi, ed accorgersi del salto che si è fatto.
E l’anima esplode, un po’ intimorita
mista a entusiasmo. Una scintilla e lo scoppio.
Il ricordo di momenti in cui il vuoto era tale da sentirlo implodere
svanisce nel rumore, come un fuoco d’artificio all’inizio del suo splendore.
Ho tirato il sipario. Ben aperto,
ora mostra lo spettacolo sul palcoscenico dove la mente crea, il corpo elabora
materia.
Esaminazioni, paure, impegno,
soddisfazioni, confusione, nuovi luoghi, scoperte, paure impegno,
soddisfazioni, imparare. Musica, arte, conoscenza, paure, impegno e
riscoperta.
Giorno per giorno, metamorfosi.
Ricordo i primi di Giugno quando ebbi
il primo respiro della stagione. Nella frenesia dei preparativi degli esami,
per il week-end del mio compleanno, mi son concessa tre giorni di vuoto mentale
da riempire con amicizia, tranquillità e mare.
Ricordo l’affanno della partenza
perché improvvisata all’ultimo minuto per raggiungere gli amici che già da
giorno si godevano la salsedine. Un pullman, tre treni, altri tre pullman, un
passaggio in bici e dopo 7 ore, Jesolo, compagnia e un felicissimo compleanno.
Al ritorno l’ansia degli esami si è fatta pressante e con un po’ di timore ho
riscritto da zero la mia tesina. Volevo avesse un significato, un messaggio da
mandare, non era importante il destinatario. La intitolai :
“Che cosa, esattamente, non ricordi?
Chi, precisamente, non hai perso?
Vuoi un regalo di non-compleanno?
Con l’esercizio, puoi abituarti a credere anche alle cose impossibili.
Se un senso non c’è, non dobbiamo cercare di trovarlo.”
Chi, precisamente, non hai perso?
Vuoi un regalo di non-compleanno?
Con l’esercizio, puoi abituarti a credere anche alle cose impossibili.
Se un senso non c’è, non dobbiamo cercare di trovarlo.”
…
“PARADOSSI UMANI
TANTO ASSURDI,
QUANTO REALI.”
Partendo dalla fiaba di “Alice nel
Paese delle Meraviglie”, mia fiaba preferita fin da piccola, che ho poi col
tempo scoperto essere un vero e prorio saggio sulla logica umana, nascondiglio
di indovinelli logico\matematici e sogni poi non tanto diversi dalle assurdità
del mondo reale. Anche per questo nasce la mia particolare concezione del
tempo.
Passando da esempi primari come le
illusioni ottiche, esempio nell’arte Cornelius Escher, osservando i concetti di
maschere e concezione della realtà secondo Pirandello ho finito per porre il
concetto fondamentale a cui aspiravo arrivare col mio lavoro. Essendo un
istituto di moda e con l’argomento che avevo scelto.. Quale paradosso migliore
di quello dell’ ESSERE O APPARIRE” ?
La
mia intenzione era quella di
rappresentare un individuo che affrontando qualunque evento per quanto assurdo
potesse essere, trovasse una sua via, un suo modo, una sua personalità.
Un’Alice che progredisce e forma la sua persona
quindi l’obbiettivo finale è di dare un significato personale alla mia
tesina ma, non una soluzione, bensì un quesito:
Sapendo
che chiunque dovrebbe trovare il proprio, soggettivo, incondizionato essere,
tra l’esteriorità e l’interiorità, perché solo l’unione di ambedue crea
l’essenza…. Quanto ogni uomo è consapevole di chi è, e più importante, è
disposto a capire ed accettarlo a dispetto di regole, giudizi ma soprattutto
pregiudizi?.... Quanto si è disposti ad accettare di noi stessi e degli altri,
per quanto inusuale possa apparire? Cosa vuol dire oggi essere se stessi?....
Ma più di qualsiasi altra cosa:
Si
può, oggi, essere realmente se stessi?
Creai
successivamente gli abiti, quattro per l’esattezza, anche se d’obbligo ven’era
solamente uno. Regina di cuori, Cappellaio Matto, e la
centralità, ovviamente, ad Alice:
Voluto
volontariamente un po’ infantile, stile “bambolina” per renderlo teatrale ed
indicare il personaggio di Alice nella fiaba, quindi bambina, rispetto alla
proiezione parallela di Alice nel mondo reale che entrando in contatto con i
paradossi quotidiani subisce una trasformazione.
Troviamo
un’Alice cresciuta, più consapevole di sé stessa con un aspetto più maturo e,
se vogliamo, anche più sensuale. Una donna che intimamente trova il suo
equilibrio e l’eleganza dell’anima si mostra riversata nell’aspetto.
L’abito
a dimostrazione era infatti più ricco, leggero con stampa floreale quasi stia ad esaltare lo sbocciare
di questa nuova donna.
In un
individuo l’essere e l’apparire non dovrebbero essere due sfere separate ma
aspetti che influiscano a vicenda l’una sull’altra. Valori che in modo diverso
rappresentino una parte fondamentale di ciò che cerchiamo di perseguire
unitamente a ciò che siamo nella nostra verità. Credo sia di importanza estrema
per lo stato evolutivo del nostro vero essere. E’ motivo secondo il quale noi viviamo
nella verità dell’essere e nella corazza dell’apparire.
Riuscire
a sviluppare questo concetto e proporlo per la mia maturità credo sia stato per
me un po’ come mettermi a nudo, mostrando cosa in gran parte mi avesse
influenzato e successivamente sviluppato.
Da
quel momento, forse perché lo considerai un passo degno di nota per lo sforzo,
pensavo che ogni cosa sarebbe andata per il verso giusto… Appunto senza troppo
sforzo. Ed invece riscoprii uno stato confusionale che s’assentava da tempo.
Avevo
terminato un percorso che nel durante pareva senza fine. Chiusa quella porta mi
sembrava di stare perennemente al buio senza sapere da che parte fosse quella
successiva, che una volta aperta, mi avrebbe consentito di delineare ancor
meglio la strada che avrei voluto seguire. Il buio ed il tempo, per quel
periodo, si resero tiranni e indolenti al mio rigurado. L’unica cosa che mi
concedeva tregua era una ricerca di organicità del mio essere, capire chi ero,
dov’ero e, almeno in parte, cosa volevo. Ma nulla. Il mio fondo sembrava non
avere fondo.
…
Una
mattina, cielo limpido ed un volo. Una partenza. Sentii una parte impalpabile
di me staccarsi, come un involucro ormai troppo stretto che decade dal corpo in
evoluzione. Un tragitto assonnato e poi l’arrivo. Cielo grigio, foschia e
pioggia. Non vedevo nulla.
Mi mossi per vie sotterranee fino a risalire aprire l’anima, più che gli
occhi. Una massa enorme e informe di colori, suoni, voci, odori, l’umidità.
Vita. Un posto lontano da casa che mi calzava meglio di camera mia.Così vidi per la prima volta Camden Town ed un cielo tanto nuvoloso, mai mi era mai parso più luminoso.
Tutta
quell’aria secca che avevo nella testa si mescolò con la pioggia rarefatta che
quasi m’accarezzava e scorrendo, se la
portò via. La sensazione di benessere della quale avevo gran nostalgia, ritornò.
Col
passare dei giorni scoprii poco alla volta questa Londra che in punta di piedi
mi entrava sotto la pelle come se col passare del tempo, mi facesse, quasi
stordita, fondere con lei. E la sentivo sempre più mia, o forse, io sua.
Un
aglomerato gigantesco di diversità profondamente unite dal semplice fatto di
essere unani.
Una
bellezza inspiegabile. Una libertà d’espressione che da dove venivo non potevo
nemmeno concepire. Un sollievo per l’essere, l’abolizione del freno concettuale
dell’apparie.
Una
riscoperta di sensazioni infinita, una riscoperta di me. Misi inevitabilmente a
confronto il posto da cui venivo con quello in cui mi trovavo e comprendere
quanto una mentalità possa essere chiusa in maniera direttamente proporzionale
col l’apertura della valle in cui vive, fu piacevolmente scioccante.
Tutto nuovo, eppur così familiare.
Luoghi che per circostanze ed atmosfera
sembravano fuori dal mondo, fuori dal tempo.
La mia mente continua a porre a me stessa i soliti innumerevoli quesiti come quello riguardo al cuore.
Il cervello, deve fermarlo, o dargli il tempo?
Il cervello, deve fermarlo, o dargli il tempo?
L’unica certezza che ho, è la luce
dell’idea, cerco ogni giorno ad ascoltarmi di più e quando chicchessia mi diceva “Guarda dove siamo” , non trovavo
parole ma ora come ad allora, mi guardo attorno, e dentro, profondamente. Nuovi "animali" probabilmente s’avvicineranno, o forse torneranno dal passato, ed io rimarrò certamente col dubbio di quanto
voglia addomesticarli ma, indipendentemente dal fatto che qualcuno riesca o
meno a smentire il mio scetticismo riguardo all’Amore inteso come relazione reale
tra due persone, so che sono nella mia “Wonderland” e non è solo un sogno.
Ogni frangente è accompagnato dalla musica.. La durata di una canzone può cullarti o scandire, misurata ogni passo e lasciarti camminare.
Posso finalmente costruire da me la base, il fondo, di quella strada.
Ogni frangente è accompagnato dalla musica.. La durata di una canzone può cullarti o scandire, misurata ogni passo e lasciarti camminare.
Posso finalmente costruire da me la base, il fondo, di quella strada.
Alle volte concepisco la sensazione di
risplendere in un’evoluzione che non credo possa avere fine, appesa ad un filo,
come una stella, ma ferma a nascere.